Riviera

Oasi ecologiche in Riviera: un viaggio tra parchi naturali e progetti sostenibili.

La Riviera, come il resto del mondo, si sta adattando ai bisogni “green” dell’ambiente, con spazi dedicati al risanamento ambientale e alla sostenibilità; cercando sempre di più di avvicinarsi agli standard di città sostenibile.                                                                                                                                            Sempre più spazi verdi per praticare sport all’aria aperta o camminate, piste ciclabili e servizi per un trasporto pubblico che rispetta l’ambiente!

Parco del mare, l’area del lungomare destinata al benessere personale

Il Parco del mare è la nuova risorsa del lungomare di Rimini, svariati chilometri di verde con aree attrezzate per lo sport, al relax e al divertimento.                    Un’innovazione pensata per creare maggiori spazi di convivialità, ma con al centro benessere, ambiente e mobilità sostenibile.

Storia del parco del mare

Il Parco del Mare è nato da una collaborazione tra Moab, Red Bull e il Comune di Rimini per creare uno spazio unico davanti al mare. I lavori sono iniziati nel luglio del 2020 e ancora oggi si stanno svolgendo. La fine della riqualificazione del Lungomare si svolgerà dopo l’estate, da ottobre 2025.

Bike Park

Nel piazzale della stazione di Rimini è presente il Bike Park, un riferimento per chi si sposta su due ruote, ma vuole comunque essere ecologico.                      Un parcheggio custodito, noleggio di ogni tipo di biciclette , ciclofficina attrezzata con assistenza meccanica, punto di ricarica per i mezzi elettrici e negozio accessori.                                                                                                                                                                                                                                                              Tanti servizi finalizzati a uno spostamento ecologico, per i visitatori che hanno a cuore l’ambiente del nostro pianeta.

Re-Re-Re

Dare nuova vita ai rifiuti

Dare nuova vita ai rifiuti è una delle sfide più urgenti per la nostra società, che si trova a dover affrontare l’aumento costante della produzione di rifiuti a causa dell’urbanizzazione e dei consumi crescenti. Ogni giorno, miliardi di tonnellate di rifiuti vengono prodotti, molti dei quali finiscono nelle discariche o nei mari, con effetti devastanti per l’ambiente e la biodiversità. Tuttavia, c’è una crescente consapevolezza riguardo alla possibilità di trasformare questi scarti in risorse preziose, grazie a tecnologie e approcci innovativi che permettono di ridurre
il loro impatto.

L’economia circolare è un esempio concreto di come sia possibile “dare nuova vita ai rifiuti”. Invece di seguire un modello lineare di produzione-consumo-smaltimento, l’economia circolare promuove il riutilizzo, il riciclo e la progettazione di prodotti facilmente smontabili e riutilizzabili. I materiali non sono più visti come rifiuti da gettare via, ma come risorse da recuperare e reinserire nel ciclo produttivo, riducendo la necessità di estrarre nuove risorse naturali e limitando l’inquinamento.

Accanto all’economia circolare, il riciclo creativo è un altro strumento che sta guadagnando sempre più attenzione. Artisti e designer stanno trasformando materiali di scarto in oggetti funzionali o opere d’arte, contribuendo a sensibilizzare il pubblico sull’importanza del riuso. Anche l’innovazione tecnologica ha un ruolo fondamentale, con l’uso di robot, biotecnologie e altre soluzioni avanzate che rendono più efficiente il processo di recupero dei materiali e permettono di trasformare anche i rifiuti più difficili da trattare in nuove risorse. In questo modo, il recupero dei rifiuti diventa non solo una necessità, ma un’opportunità per creare un futuro più sostenibile.

Buone Notizie

Rifò: moda sostenibile

Rifò è un marchio di moda fondato nel 2015 in Italia, noto per il suo metodo sostenibile e innovativo. E’ un brand che punta a incentivare un’economia circolare mediante la produzione di abbigliamento e accessori realizzati principalmente con materiali riciclati. L’azienda si assicura la riduzione dell’impatto ambientale della moda, utilizzando, ad esempio, lana rigenerata, tessuti riciclati e filati derivati da scarti industriali.

Slow fashion

È “slow fashion” la parola chiave perfetta per descrivere questo brand, ossia un tipo di moda più sostenibile che incoraggia i consumatori a fare scelte più consapevoli e alla creazione di prodotti che sono durevoli e allo stesso modo di alta qualità, contrastando il fenomeno della fast fashion. Il design di questi prodotti è semplice ed efficiente, ma allo stesso tempo elegante, volgendo particolare attenzione a capi che possano essere indossati quotidianamente e che non abbiano un impatto negativo sull’ambiente.

Tre parole

Concisamente, Rifò è un brand che unisce 3 concetti chiave per un’impresa di abbigliamento, ovvero moda, sostenibilità e innovazione, portando il mondo del vestiario verso un futuro sostenibile.

Noi

Smaltimento dei rifiuti nell’UE

rifiuti urbani rappresentano il 10% delle 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti prodotti ogni anno nell’ Unione europea, ma sono anche i più evidenti e complessi a causa della loro composizione.

L’Unione europea nel 2018 ha fissato delle nuove norme riguardanti i rifiuti di imballaggio, riciclo e discariche. Lo scopo è quello di rinforzare il passaggio dall’economia lineare a quella più sostenibile ovvero all’economia circolare.economia circolare

Gli oggetti di plastica monouso, quali cotton fioc, posate, piatti, cannucce e vari bastoncini saranno presto tolti dal mercato. Di questi esiste già la versione alternativa. Obiettivo entro il 2029 di raccogliere il 90% delle bottiglie di plastica tramite il sistema del “vuoto  a rendere“.

Inoltre si sta anche lavorando sul problema degli attrezzi da pesca persi in mare. Verranno fatti degli investimenti in ricerca e innovazione col fine di produrre attrezzi per pesca ecosostenibili.

Nella statistica del 2017, il 46% dei rifiuti urbani viene riciclato e compostato

  • La Germania e l’Austria sono in cima alla classifica dei paesi che riciclano maggiormente.
  • plastica imballataNei paesi del nord-ovest dell’UE lo smaltimento in discarica è quasi inesistente perché gestiscono i rifiuti urbani attraverso l’utilizzo di inceneritori e metodi di riciclo.
  • Tra il 2006 e il 2017 l’uso delle discariche è diminuito notevolmente nei paesi nordici.
  • Altri stati membri fra cui anche l’Italia smaltiscono circa un terzo dei rifiuti nelle discariche.
  • Nei paesi dell’est e sud Europa il metodo principale per la gestione dei rifiuti è la discarica.

In che situazione si trova l’Italia?

Nonostante il periodo tormentato della pandemia di COVID-19, l’Italia non ha mai smesso di riciclare gli imballaggi di plastica. Basti pensare che nel 2020 è cresciuta del 4% la raccolta differenziata degli imballaggi in plastica. Come risultato, in ambito della raccolta differenziata il nostro paese ha compiuto dei grandi passi in avanti.

La pandemia, il nuovo ed enorme problema legato ai dispositivi di protezione

Le mascherine monouso sono diventate il simbolo della pandemia. Hanno portato a ragionare molto sull’argomento dello smaltimento dei rifiuti di plastica. Il cattivo utilizzo di questi dispositivi di protezione monouso e la dispersione nell’ambiente stanno incrementando il problema dei rifiuti plastici che inquinano oceani ed ecosistemi terrestri. Se disperse in mare, le mascherine tendono a galleggiare, ma ne esistono di più pesanti (come le mascherine Ffp2), che affondano o restano sospese a tutte le profondità. Numerosi pesci, tartarughe, mammiferi marini e uccelli rischiano la vita ingerendole, mentre altri animali sono spesso vittime degli elastici.

Come sono cambiate le mascherine nel tempo e da cosa sono costituite?

Agli inizi del ventesimo secolo le mascherine chirurgiche erano formate da tanti strati di cotone che le rendevano riutilizzabili. Negli anni ’90 le fibre di vetro costituivano le mascherine chirurgiche che irritavano la pelle del viso, e vennero sostituite con materiali provenienti dall’industria tessile come il propilene, il nylon, il poliestere e la cellulosa. In data odierna le mascherine sono composte da materiale plastico detto TNT, ovvero tessuto non tessuto”, che appunto comporta gravi danni se disperse nell’ambiente. Con le radiazioni solari le mascherine rilasciano innumerevoli sostanze chimiche nocive provenienti dal polipropilene. Queste informazioni devono farci riflettere sulle disattenzioni riguardo al trattamento che riserviamo alla nostra grande casa: la Terra.