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Ecco cosa nasconde il mare: un problema di dimensioni oceaniche

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Che cos’è il Pacific Trash Vortex?

Il Pacific Trash Vortex è una corrente che trattiene i rifiuti, tra cui plastica, vetro, legno, gomma, resina e altro ancora, e crea delle vere e proprie isole. La prima è stata scoperta nel 1997 dal velista Charles Moore.

Dove si trova?

La massa di spazzatura è situata nella zona dell’Oceano Pacifico che si estende tra California e Arcipelago Hawaiano, per l’esattezza tra il 135° e il 155° parallelo Nord.

Di quanti rifiuti si tratta?

Al momento non si hanno stime precise, le dimensioni oscillano tra i 700 mila kmq e i 20 milioni. La marina degli stati uniti stima 100 milioni di tonnellate di rifiuti di cui circa 3 milioni di plastica.

Cosa l’ha generato?

Spesso la colpa dell’inquinamento oceanico ricade sui container che trasportano merci.

Come vediamo nel grafico però, è evidente che la maggior parte dei rifiuti proviene dalla terra ferma. 

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Da dove proviene la plastica in mare?

Il grafico precedente ci ha illustrato che l’80% dei rifiuti proviene dalla terra ferma. Ma quanto contribuiscono i singoli continenti?

Al primo posto, i fiumi dell’Asia trasportano in mare l’86% della spazzatura totale, mentre gli altri continenti raggiungo assieme il rimanente 14%.

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Ma i rifiuti in mare si decompongono? Se si, tra quanto?

Come già accennato in precedenza, i rifiuti nel mare sono di diversi materiali e di conseguenza i tempi di degradazione sono svariati. Variano da 2 settimane per la carta igienica ai 600 anni per la rete da pesca. Ma come ogni formula, c’è un’eccezione; il vetro nel mare non si

decomporrà mai!

Come altri molti rifiuti che non avranno tempo per decomporsi e verranno ingeriti da altri esseri animali.

Cosa è successo al nostro mare?

Ogni anno questa “zuppamortale cresce di 80.000 km² e di conseguenza comporta il costante aumento della morte della fauna marina. Grazie allo scienziato francese Water Week si è potuta affermare la stima di 1,5 milioni di animali morti a causa della plastica.

Tale morte deriva dall’attrazione da parte dell’ecosistema marino, ingannato dalla presenza della plastica, piattaforma perfetta per la crescita delle alghe, che funge da ripetitore di ultrasuoni emanati dal medesimo per l’intercettazione le prede. Gli animali, inconsapevolmente, si nutriranno di questo materiale che ne comporterà la morte. Tali elementi essendo sintetici comportano il blocco intestinale dell’organismo essendo quest’ultimo impossibilitato a digerire.

Alcuni esiti dell’utilizzo della plastica mal gestita 

Questo tipo di inquinamento marino purtroppo sì è verificato con situazioni estreme come il ritrovamento di una balena morta spiaggiata in Indonesia che conteneva nello stomaco circa 6 Kg di plastica di ogni tipo tra cui bottiglie, sacchetti, tazze e ciabatte.

Il continente asiatico è uno dei più grandi consumatori di plastica al mondo e ogni anno il bilancio di morte delle specie marine cresce sempre di più.

Come salvare gli animali?

Secondo uno studio fatto dal World Economic Forum, un’organizzazione con sede in Svizzera che affronta temi urgenti come la salute e l’ambiente, tra trentacinque anni i nostri mari potrebbero essere maggiormente popolati da plastica che da pesci. Lo scopo di tale campagna mira a sensibilizzare l’uomo a sostituire gli oggetti in plastica con materiali biodegradabili come le borse in tessuto, essere più prudente nello smaltimento dei rifiuti e restringere l’utilizzo di prodotti usa e getta. In Italia vengono ritirati all’incirca 2,1 milioni di tonnellate di plastica ma il riciclo di quest’ultimi è di solo 540 mila tonnellate. Molte aziende hanno preso questo problema trasformandolo in un obiettivo da raggiungere come per esempio Adrias Online, web agency di Rimini che ha sostituito completamente i bicchieri del caffè in plastica con recipienti di cartoncino.

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