Buone Notizie

Sfida in corso… Organismi vs Plastica

Plastic Free

Un filtro per rifiuti da microplastica

Un gruppo di ricerca ha provato a dimostrare in quale modo ridurre i rifiuti di plastica nei nostri oceani.

esaminazione microplastiche

Le microplastiche sono particelle di plastica molto piccole. Non superano i 5 millimetri di diametro. Queste particelle provengono da due fonti principali: il lavaggio di capi sintetici e l’abrasione dei pneumatici durante la guida. Il processo di degrado può avvenire in mare o sulla terra.

Nell’ambiente marino le plastiche si depositano sul fondo del mare, così che rendono la rimozione più difficile. Ad aggravare il problema, persino le microplastiche che galleggiano finiscono sul fondo del mare. Gli organismi ingeriscono le particelle e le trasferiscono sul fondale oceanico, oppure sono trasportate lì da correnti.

go gelly acchiappa microplasticheGo Jelly   è un progetto finanziato dall’Unione Europea che utilizza il muco prodotto dalle meduse come fonte di soluzione innovativa per combattere i rifiuti marini. Approfittando della capacità di questo muco di legare le microplastiche, i ricercatori di Go Jelly prevedono di utilizzarlo per sviluppare un filtro. Nelle fabbriche dove viene prodotta la microplastica, il biofiltro  verrà utilizzato negli impianti di trattamento delle acque reflue . Ciò potrebbe contribuire a impedire che gran parte delle particelle di microplastica entrino nei sistemi marini.

Inoltre Go Jelly prevede l’uscita di un libro con ricette a base di meduse. In Europa non sono ancora autorizzate per uso alimentare, contrariamente in estremo Oriente dove sono utilizzate da più di 2000 anni. Oltre ad essere impiegate per combattere le microplastiche possono diventare una risorsa alimentare nuova ecosostenibile.  Le meduse possono anche essere utilizzate nel settore cosmetico grazie alla loro grossa quantità di collagene, oppure servire per la realizzazione di fertilizzanti “bio” e mangimi.

Non tutti i batteri sono cattivi

mare dall'alto flora e fauna

Ideonella Sakaiensis, è il primo e l’unico batterio finora conosciuto, che serve per degradare completamente il PET. Il PET è il polietilene tereftalato, la plastica usata per produrre tonnellate di contenitori. Dei ricercatori di Kyoto hanno scoperto questo batterio nel 2016 tra centinaia di bottiglie di plastica in Giappone.
Grazie a tecniche di biochimica e di genetica i ricercatori sono riusciti a scoprire che il batterio riesce a mangiare la plastica tramite una speciale coppia di enzimi. Questo processo non è molto veloce, infatti al batterio occorrono circa 6 settimane a temperature di 30°C per degradare un pezzettino da appena 60 mg di PET.  Esso potrebbe essere usato non solo per smaltire il PET ma anche per riciclare i suoi componenti. In questo modo elimina la necessità di produrli nuovamente, a partire dal petrolio.

In aggiunta, è stato scoperto che la larva di Tenebrione Mugnaio (Tenebrio Molitor) è in grado di digerire polistirene. Il polistirene è un altro tipo di plastica comunemente utilizzato sul mercato.

Non lasciamo comunque tutto il lavoro sporco a questi batteri. Noi possiamo fare la differenza.

Fonti

https://www.treccani.it/enciclopedia/trovato-il-batterio-mangiaplastica_%28Il-Libro-dell%27Anno%29/

Un libro raccoglie le ricette a base di meduse – Corriere Nazionale